AI e drug discovery: il settore è pronto alla prova clinica?

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A quasi un decennio dalla comparsa dell’Intelligenza Artificiale nel mondo del pharma è giunto il momento di un primo bilancio per capire in quale direzione il settore sta navigando. L’entusiasmo – nei titoli dei mass media e nella percezione degli addetti ai lavori – ha spesso superato la realtà. Tuttavia, con un numero crescente di candidati farmaci generati dall’AI che entrano negli studi clinici, ci troviamo a un potenziale punto di svolta. L’AI sarà in grado di garantire terapie innovative e di successo o rimarrà uno strumento di supporto in un processo di ricerca già complesso?

GlobalData ha analizzato pro e contro, immaginato scenari positivi e negativi, valutato le reazioni del mercato finanziario e la sostenibilità del sistema, e ha messo a fuoco i temi di maggior impatto.

Il ruolo in evoluzione dell’AI nella ricerca e sviluppo
L’AI non è una tecnologia tout-court, ma un insieme ampio di strumenti computazionali che possono supportare quasi ogni fase dello sviluppo di un farmaco. Nella fase iniziale di scoperta  può aiutare a identificare nuovi bersagli terapeutici, generare nuove molecole chimiche, prevedere le interazioni tra farmaci e proteine e ottimizzare i composti guida (molecole promettenti con potenziale terapeutico). Nelle fasi successive, l’AI è sempre più usata per selezionare pazienti, per le sperimentazioni cliniche, il riposizionamento di farmaci già disponibili e la previsione di effetti avversi.

L’AI generativa
Inizialmente l’attenzione degli addetti ai lavori si è concentrata sulle capacità dei modelli generativi – in particolare di quelli basati sul deep learning e sul reinforcement learning – di creare candidati farmaci più rapidamente di qualunque tecnologia tradizionale. I candidati progettati con AI, però, rimanevano confinati agli esperimenti in silico (cioè computazionali) o alla fase preclinica. Ma ora questocaspetto sta cambiando.

L’ingresso nella fase clinica
Negli ultimi due anni diversi farmaci progettati con AI sono entrati nella fase di sperimentazione sull’uomo, offrendo un primo test probante dell’uso di questa tecnologia in ambito clinico.

Insilico Medicine, biotech con sedi a Hong Kong e New York, ha attirato l’attenzione nel 2023 annunciando che il suo candidato farmaco ISM001 055 (ex INS018_055) – sviluppato con la piattaforma proprietaria Pharma.AI – era entrato nella fase II degli studi clinici. Il composto è stato progettato da zero con modelli generativi basati su dati strutturali; non è stato selezionato da librerie preesistenti.

Anche aziende come BenevolentAI, Recursion, Schrödinger e Relay Therapeutics stanno portando avanti candidati identificati, ottimizzati o prioritizzati grazie a strumenti di AI, anche se non tutti sono stati strettamente “generati” dall’Intelligenza Artificiale. Queste aziende non si limitano alla scoperta di molecole, ma si posizionano sul mercato anche come sviluppatori di farmaci e partner strategici.

L’interesse di Big Pharma: un’ondata di partnership strategiche
Le grandi aziende farmaceutiche, nel corso di questi anni, hanno sempre più abbracciato l’AI, tramite partnership, joint venture e acquisizioni per ridurre i rischi nella selezione dei target e accelerare lo sviluppo nelle fasi iniziali. Un esempio paradigmatico è costituito dall’accordo tra Sanofi ed Exscientia, del valore fino a 5,2 miliardi di dollari, focalizzato su small molecule progettate con Ai nelle aree terapeutiche oncologica e immunologica.

AstraZeneca collabora con BenevolentAI per identificare nuovi target terapeutici nelle malattie renali croniche e nella fibrosi. Pfizer, Bayer, MSD e Roche hanno stretto alleanze con biotech “AI-native” o sviluppato capacità interne, spesso focalizzate su malattie rare, disturbi del sistema nervoso centrale o decodifica dei bersagli molecolari.

Queste collaborazioni riflettono un cambiamento culturale più ampio: l’AI è vista sempre meno come concorrente della Ricerca e Sviluppo tradizionale e sempre più come abilitatore strategico, in grado di migliorare la precisione e ridurre i tempi in aree ad alto rischio.

Guadagno in efficienza o nuovo collo di bottiglia?
Il valore peculiare dell’AI nella scoperta dei farmaci è rappresentato da velocità ed efficienza. Lo sviluppo di un farmaco costa generalmente oltre 2 miliardi di dollari e può richiedere 10–15 anni. L’intelligenza Artificiale ha l’ambizione di ridurre il tempo tra identificazione del target e selezione del candidato, generando rapidamente molecole promettenti, migliorando l’accuratezza dell’associazione target-malattia e selezionando i pazienti più adatti per le sperimentazioni.

Insilico ha dichiarato che ISM001 055 è passato dalla scoperta del target alla richiesta di autorizzazione FDA per la sperimentazione (IND – Investigational New Drug) in meno di 30 mesi,  un arco di tempo ben al di sotto della media del settore. Tuttavia la validazione nel mondo reale di queste affermazioni sull’efficienza è ancora in sospeso. Non è ancora chiaro se l’AI riesca davvero ad abbreviare i tempi nelle fasi più avanzate dello sviluppo, dove si concentrano costi e fallimenti.

Quali processi regolatori?
Un altro nodo cruciale per i farmaci generati da AI è quello dei percorsi regolatori. A gennaio 2025 la FDA ha pubblicato una bozza di linee guida per la validazione dei modelli di AI usati nei dossier, basata su un approccio risk-based in sette fasi. La priorità è data a trasparenza, riproducibilità e comprensione dell’impatto dei modelli AI sulle decisioni sperimentali.

Anche l’EMA ha avviato un percorso strutturato: nel 2024 ha pubblicato un reflection paper sull’Intelligenza Artificiale in ambito regolatorio, e ha incluso l’AI nel suo workplan 2025–2028 per i medicinali innovativi. Le questioni ancora aperte riguardano la proprietà intellettuale, la trasparenza degli algoritmi e la verifica sperimentale delle ipotesi generate.

Cosa dicono gli investitori
L’entusiasmo per l’AI nella scoperta di farmaci ha attirato grandi investimenti, ma anche molta volatilità. Diverse biotech focalizzate sull’AI hanno raccolto capitali significativi tramite strumenti come IPO o SPAC (Special Purpose Acquisition Company) durante il boom biotech del 2021–22. Tuttavia molte di queste aziende hanno poi visto i propri titoli crollare quando le aspettative si sono scontrate con tempi lunghi e risultati ancora parziali.

BenevolentAI, ad esempio, è arrivata in Borsa tramite una SPAC da 1,5 miliardi di euro nel 2022, ma ha perso oltre il 70% del suo valore a metà 2024. Anche Recursion, nonostante partnership importanti con Bayer e Roche, ha subìto pressioni dagli azionisti.

Non tutte, però, sono crollate sotto il peso degli eventi: Exscientia ha mantenuto una capitalizzazione stabile grazie alle milestone di Sanofi; Schrödinger ha firmato un co-development da 1,3 miliardi con Lilly nel 2025.

Il mercato tende a premiare le aziende che riescono a generare ricavi concreti attraverso collaborazioni industriali, come accordi di co-sviluppo o licenze d’uso della tecnologia, invece di basarsi solo su proiezioni future o promesse non ancora dimostrate. Questi ricavi sono detti “non diluitivi” perché non derivano da nuove emissioni di azioni (che riducono il valore delle quote esistenti), ma da pagamenti diretti da parte di partner, come milestone, anticipi o royalty.

Il bivio
Il settore si avvicina a un traguardo decisivo: la prima approvazione regolatoria di un farmaco progettato con AI. Se ISM001 055 darà risultati positivi in fase IIb, saremmo di fronte aun momento trasformativo: non più AI come semplice acceleratore, ma come vera “fonte” di nuove terapie.

Guardando al futuro, l’AI potrebbe democratizzare lo sviluppo di farmaci, permettendo anche a piccole biotech senza grandi laboratori di progettare molecole di alta qualità. Potrebbe aprire nuove strade nel campo delle malattie rare, in quello delle patologie neglette o nellw nuove minacce infettive, dove i modelli tradizionali di ricerca e sviluppo falliscono.

Dal proof of concept alla prova clinica
Dunque, l’AI non è più un concetto futuristico per il settore farmaceutico: sta generando asset reali, costruendo alleanze strategiche e conquistando lentamente un posto di rilievo nelle pipeline cliniche. Tuttavia, la prova decisiva non sarà data dagli algoritmi, ma dai risultati negli studi clinici. Nei prossimi 12–24 mesi l’industria guarderà a tre fattori: miglioramento degli esiti clinici; riduzione dei tempi reali di sviluppo; costo-efficacia nella pratica. Se l’AI supererà anche questi test il prossimo decennio non sarà solo influenzato da questa tecnologia. Sarà progettato da essa.

 

 

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